Una svolta elettrizzante

Il futuro dell’industria automobilistica sarà elettrico, sostenibile, green. O meglio: questo è il progetto con scadenza 2035 dell’Unione Europea, a cui non tutti i cittadini – specie gli italiani – sembrano voler aderire serenamente e con convinzione. Ancora troppi i restii, gli scettici, gli incerti: eppure gli automobilisti di tutto il mondo, prima o poi, dovranno scegliere da che parte schierarsi

Motore elettrico, ibrido o endotermico? Diesel, benzina, biocarburanti, idrogeno o corrente? Scegliere non è semplice, tuttavia avere un quadro più completo sulla situazione potrebbe aiutare a capire se la decisione di Bruxelles sia una realtà attuabile oppure, come ritengono in molti, un’utopia. La transizione verso le auto elettriche comporta molte sfide da affrontare, tra cui la necessità di espandere la rete di ricarica, di migliorare l’efficienza delle batterie, di ridurre il costo dei veicoli e della manutenzione di essi. Per non parlare dell’autonomia limitata e dei tempi di ricarica ancora molto lunghi, in contrasto con il frenetico mondo in cui attualmente viviamo. Tuttavia il passaggio all’elettrico sembra essere una grande opportunità per far diminuire le emissioni di gas serra e far fronte al cambiamento climatico.

Una svolta nel campo della mobilità è indubbiamente indispensabile e durante questi 12 anni che ci separano dal fatidico 2035, forse servirebbe favorire la “mobilità dolce”, ossia i mezzi pubblici e le piste ciclabili. Diversi sono i comuni italiani già attivi in questa direzione. La “Genova città pulita e verticale” di Giorgio Caproni, ad esempio, pensa a un futuro bus free: entro la fine del 2023 il capoluogo ligure punta a rendere gratuito il servizio di tutti i mezzi pubblici, per residenti e non. Per il momento i risultati sono sorprendenti: ogni giorno, circa tremila autovetture restano ferme nei garage, perché i cittadini preferiscono sfruttare una mobilità più pulita (bus e funicolare).

Anche nel centro di Ferrara, di automobili, ne circolano da sempre ben poche: abitanti e turisti preferiscono di gran lunga percorrere le vie della città in bicicletta, seguendo la rete di piste ciclabili estese per 107 km. 

Non sempre, però, è possibile scegliere alternative più ecologiche e spesso si preferisce utilizzare una macchina di proprietà privata, con effetti dannosi per l’ambiente e per il portafoglio. Infatti, secondo i dati del Ministero delle Imprese (aggiornati al 2021), in un anno l’Italia consuma 7 milioni di tonnellate di benzina e ben 23 milioni di tonnellate di gasolio per i motori diesel. Una nota positiva non manca: l’Italia è avanti nella ricerca e nella produzione di biocarburante. Grazie alla società Eni, infatti, è stato introdotto il nuovo HVOlution, un diesel alternativo prodotto da materie prime di scarto e residui vegetali. L’obiettivo di Eni è uno: produrre, a partire dal 2025, 2 milioni di tonnellate di biocarburanti all’anno, fino ad arrivare ai 6 milioni nel giro di dieci anni.

Sorge spontaneo chiedersi se l’auto tradizionale consumi effettivamente di più dell’elettrica. Ebbene, non sempre è così. Le emissioni totali di un veicolo durante la sua vita, ossia dal concessionario alla demolizione, sono frutto di una combinazione di fattori. Dunque, per valutare questi impatti, l’EEA (Agenzia Europea per l’Ambiente) utilizza il Life Cycle Assessment, uno strumento che permette di analizzare tutte le fasi di vita del veicolo, andando a valutarne passo per passo le emissioni. La produzione e lo smaltimento di un’auto elettrica sono meno green rispetto alle auto con motore endotermico, in quanto un veicolo elettrico è più complesso e l’auto convenzionale è, invece, una tecnologia ormai consolidata da tempo. Non bisogna poi commettere l’errore di ignorare l’origine dell’elettricità impiegata nella ricarica e nello spostamento, oltre che nella produzione dei singoli elementi.

Gigantes fazem acordo para produção de Diesel R5 - Diesel Economics

È necessario che le fonti energetiche applicate siano pulite o quanto meno poco inquinanti, altrimenti si rischia solamente di spostare il luogo di produzione di CO2, fatto che non riduce minimamente le emissioni nella loro totalità. Le auto elettriche diventeranno una soluzione adottabile nel momento in cui i governi e le società di produzione collaboreranno per dare vita a infrastrutture di approvvigionamento energetico veramente sostenibile.

A preoccupare, nell’ultimo periodo, è soprattutto il costo dell’energia elettrica, raddoppiato per effetto della guerra in Ucraina. È vero: anche il prezzo del petrolio è cresciuto persino del 67%, ma l’impatto è stato mitigato dal contributo del Governo. Questo sostegno, sebbene socialmente giustificabile, non agevola la transizione verso le auto elettriche ed è anche per questo che negli ultimi mesi le vendite di auto elettriche in Italia sono calate, a differenza di quanto accaduto nel resto d’Europa. L’UE ha previsto degli incentivi per tutelare le piccole imprese automobilistiche – più tempo per adeguarsi al divieto, esenzioni in toto per chi produce meno di mille veicoli, incentivi all’acquisto di auto elettriche o ibride – eppure l’italiano medio ancora non se la sente di abbracciare il cambiamento. Le auto elettriche hanno prezzi di listino molto più alti, spesso proibitivi e difficili da sostenere (il range si aggira tra i 25 e i 37 mila euro). 

Rende titubanti anche la spesa per la ricarica: un pieno presso le colonnine sul territorio costa tra i 19€ e i 39€, e garantisce un massimo di 320km di percorrenza, contro i circa 700km assicurati con un pieno di benzina al costo di 93€. A riguardo, però, qualche buona notizia c’è: a breve dovrebbero essere installate delle colonnine potentissime (con potenza di 100kw che garantisce una ricarica completa nel tempo di una sosta in Autogrill) anche nelle aree di servizio in autostrada. Ciò rincuora e dà speranza, ma non toglie il fatto che i prezzi delle materie prime sono in rapida crescita e quelli delle batterie sempre più in salita. Il pericolo è che la mobilità privata torni a essere una prerogativa delle classi medio-alte: per un’auto tradizionale il costo delle materie prime è, in media, 3662$, contro gli 8200$ per un’auto elettrica (fonte AlixPartners). 

Tutti questi fattori tendono a divaricare il mercato tra utilitarie a basso costo e veicoli elettrici sì straordinari, ma economicamente inaccessibili. Non è ancora realistico ipotizzare in brevi tempi il raggiungimento dell’obiettivo della parità di prezzo tra un’auto con motore termico e una con motore elettrico, tanto vero che persino Federcarrozzieri ha riportato che riparare un’auto elettrica di nuova generazione, oggi, può avere un costo fino al 46% più alto rispetto a una vettura a benzina. I ricambi, la tripla vernice a rivestimento, i materiali di consumo e i costi complementari sono nettamente maggiori, così come le procedure di riparazione possono essere più lunghe e complesse, quindi più costose. 

A ciò si aggiunge la minaccia del Dragone Orientale: un’auto su tre, nel mondo, è acquistata da un cliente cinese. Eppure il governo di Pechino sembra percorrere ad altissima velocità un’autostrada in contromano: sebbene in passato abbia incentivato l’uso dell’elettrico, a luglio 2022 ha scelto di defiscalizzare l’acquisto di auto di bassa cilindrata con motore termico. Insomma, una contraddizione dopo l’altra che non fa altro che confondere i futuri acquirenti. 

La transizione verso una mobilità alternativa sembra essere stata avviata, ma le incognite sono ancora molte e il dibattito è appena entrato nel vivo. Da giovane cittadina del mondo, mi auguro che prima di prendere una qualsiasi decisione in merito alle scottanti questioni attuali la comunità europea e i governi mondiali riflettano su tutte le alternative possibili, trovando un adeguato compromesso tra sostenibilità e convenienza. Col tempo capiremo se sia stato proficuo partire in quarta, percorrendo la strada dell’elettrico, oppure se sia necessario rivalutare la tradizione e, quindi, inserire la retromarcia.

Anna Gabriele, 4A Liceo Classico


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