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L’homo novus: gli anni del cambiamento

Pubblichiamo la seconda parte dell’articolo che ricostruisce la storia politica e le tappe più significative della carriera del Presidente Macron fino alla recente rielezione

prima parte
Ottenuta la maggioranza assoluta nel giugno 2017, Macron persegue una politica che si distingue, in parte, dai suoi predecessori; durante i suoi primi cinque anni mette al centro la politica estera, la politica europea e quella ambientale. Riguardo alla politica estera, preme con forza e ottiene il ritiro delle truppe dal Mali e da molte regioni dell’Africa Centrale, lasciandole però alla dominazione economica cinese e russa.

Sul medio oriente Macron ha una politica equilibrata: propone colloqui con il dittatore Bashar Assad e tra Palestina e Israele. Tuttavia, dopo l’attacco chimico del regime siriano a Khan Shaykhun, chiede un intervento militare, mai ottenuto, contro il regime di Assad. Sostiene Israele con grande forza, grazie alla
salda comunità franco-israeliana e alla vicinanza con lo stato israeliano, senza però avere una posizione chiara riguardo il riconoscimento dello Stato di Palestina, anzi rifiutandone il riconoscimento unilaterale.

Il sostegno a Israele però si logora con i violenti attacchi promossi dal governo Netanyahu alla Striscia di Gaza. Torna il sostegno a Israele, mai in realtà mancato, con il governo Bennett.

Intervento del Presidente Macron al Parlamento europeo

Firma il trattato di Aquisgrana, con la Merkel nel 2019, per rafforzare l’alleanza franco-tedesca e, nel 2022, il Trattato del Quirinale. Sull’Unione Europea sostiene una politica fortemente europeista, cercando di dare all’Unione un ruolo centrale nel mondo. In un’intervista del 2019 definisce la Nato in una condizione di “morte celebrale”, favorendo la formazione di un esercito unico europeo. La dichiarazione crea l’irritazione di Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, ma il plauso del governo russo.

Attualmente Macron continua a sostenere l’idea di esercito unico europeo, come si è visto nel recente consiglio europeo informale di Versailles e alla conclusione della Conferenza sul futuro dell’Europa. Propone e ottiene, come già affermato il 26 settembre 2017 alla Sorbona, la programmazione di un ufficio europeo per l’asilo e un bilancio comune della difesa. Forte del peso geopolitico che ha il suo paese, si propone come interlocutore principale di Putin prima del 24 febbraio 2022, inizio dell’escalation militare su larga scala in Ucraina, ma anche dopo, continuando a dialogare con il Cremlino. Per quanto riguarda la politica ambientale ha promosso tassazioni, molto controverse, sul carburante, creando un forte movimento di protesta, il movimento dei gilet gialli.

Nel 2021 ha presentato il programma France 2030 che, ambiziosamente, prevede di portare la Francia al primo posto in Europa per riduzione delle emissioni di CO 2, riducendole del 55%. Il programma è stato molto contestato a Bruxelles da Austria, Olanda e Italia, a causa della forte presenza di energia nucleare all’interno del pacchetto economico. Partecipa poi alla COP26, momento in cui Macron tenta di rafforzare gli accordi di Parigi. Sotto la sua presidenza si ricordino anche l’incendio della cattedrale di Notre- Dame, l’attentato dell’11 dicembre 2018 a Strasburgo, la vittoria ai Mondiali nel 2018, la recente assegnazione delle Olimpiadi 2024 a Parigi e l’attuale presidenza di turno del Consiglio Europeo. Recentemente Macron ha vinto con il 59% dei voti ed è stato incaricato dai francesi di attuare una politica che soddisfi le richieste economiche con particolare attenzione al potere d’acquisto.

Antonio Maria Stoppini, 4B Liceo Classico

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Il presidente dei cittadini: ricordando David Sassoli

Nel 2018 in Italia vi sono le elezioni politiche. Si profila un quadro anti-europeo: lega e m5s formano, dopo tre mesi di interlocuzione, un governo. Nel 2019 si svolgono le elezioni europee. Ai più sembra essere il preludio del disfacimento dell’Unione Europea. Invece l’Unione risponde con forza ai cambiamenti richiesti dai cittadini: si allarga l’alleanza “alla tedesca”, si susseguono i nuovi presidenti di Parlamento, Consiglio e Commissione Europea. Nulla di nuovo in realtà, se non nei nomi delle cariche politiche. Charles Michel, ex primo ministro belga, sostiene un programma contro i nazionalismi, contro la chiusura delle frontiere e una maggior integrazione europea, a partire dal bilancio comune, utopia europea fino al luglio 2020. Ursula Von Der Leyen, ex ministra prima del lavoro e poi della difesa in Germania, propone un progetto di difesa comune europea, sostenuto con forza anche dal presidente francese Emmanuel Macron.

Tra tutti spicca la figura del presidente dell’Europarlamento David Sassoli, scelto per caso dopo difficoltà di accordi tra Ppe s&d e liberali. Ex giornalista, militante nel partito democratico e vice presidente del Parlamento Europeo nella precedente legislatura, sin da subito se ne comprende lo spessore. «L’Unione Europea – afferma con forza – non è un incidente della storia».

Il neo presidente Sassoli si concentra prontamente per avvicinare il parlamento ai cittadini: dapprima si applica per far rispettare lo stato di diritto, la libertà e la democrazia sia nell’Unione sia fuori, come dimostrato nel 2021 consegnando il premio Sacharov all’oppositore russo Navalny. Favorisce l’integrazione dei giovani nel progetto europeo, nel solco dello spirito di Ventotene, battendosi per evitare il taglio dei fondi al progetto “Erasmus+“, al “Corpo Europeo di Solidarietà“, a “Discovereu“. Durante la pandemia da Covid-19 ha mantenuto il parlamento aperto, dando un forte segnale ai cittadini europei e aiutando i paesi del sud a stilare il “Next Generation Eu”. Ha avviato i lavori sulla “Conferenza del futuro dell’Europa” a Strasburgo.

Nei suoi ultimi mesi ha iniziato i lavori per una politica migratoria comune, contestando le scelte assunte dai paesi di Visegrad e spingendo per un permesso di soggiorno comune. Non è riuscito però a realizzare questo sogno e ora tocca a noi proseguire. Partendo dalle sue parole: «Non dobbiamo avere paura. Tanti si sono resi conto che senza una politica europea tutti i nostri paesi, le nostre comunità e i nostri cittadini sarebbero più fragili. Facciamo insieme un’Europa più forte, più democratica, più unita».

Antonio Stoppini, IVB Liceo Classico